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Bias Cognitivi: Cosa Sono, Quali Sono e Impatto sulla Vita

Immagine che rappresenta i bias cognitivi

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  • Bias cognitivi: cosa sono, origine ed evoluzione del termine
  • Fattori scatenanti e meccanismi mentali dei bias cognitivi
  • Principali tipi di bias cognitivi e ambiti in cui si manifestano
  • Bias cognitivi oggi: sintesi, impatti e strategie per riconoscerli

Bias cognitivi: cosa sono, origine ed evoluzione del termine

C’è un errore che facciamo tutti. Quotidianamente. Anche se non ce ne accorgiamo.

Si chiama bias cognitivo.

Non è un problema di intelligenza. Non è una patologia. È semplicemente il modo in cui il cervello, per essere veloce ed efficiente, prende scorciatoie — e in quelle scorciatoie, spesso, inciampa.

Cosa sono i bias cognitivi, davvero

Per definizione, i bias cognitivi sono errori sistematici del pensiero. Non si tratta di semplici sbagli occasionali, ma di schemi prevedibili. Deviazioni ricorrenti dalla logica, che emergono quando interpretiamo la realtà, quando decidiamo, quando ricordiamo, persino quando giudichiamo.

Il nostro cervello — macchina straordinaria, ma non perfetta — semplifica per sopravvivere. Ma in quella semplificazione, la razionalità si piega. Così nascono le distorsioni del pensiero.

Queste scorciatoie mentali, o euristiche, ci aiutano ad affrontare il mondo. Ma lo fanno a un prezzo: quello della precisione.

L’origine del termine “bias cognitivo”

Negli anni ’70, due studiosi — Daniel Kahneman e Amos Tversky — iniziarono a esplorare il modo in cui le persone prendono decisioni. Il contesto era l’incertezza. Il risultato? Una rivoluzione.

Fu in quegli anni che il termine “bias cognitivo” entrò nel vocabolario della psicologia. Il loro lavoro dimostrò che il pensiero umano è tutt’altro che razionale. È dominato da fallacie cognitive, da automatismi mentali, da meccanismi inconsci che, pur sembrando utili, generano conclusioni distorte.

Kahneman, grazie a questo contributo, ricevette il Premio Nobel per l’Economia. L’impatto delle loro scoperte continua ancora oggi, in economia, medicina, diritto e persino intelligenza artificiale.

Come nascono i bias mentali

Non sono un bug. I bias cognitivi sono una feature, per dirla in linguaggio tech.

Il cervello umano si è evoluto in ambienti ostili. Pochi secondi per decidere se scappare o combattere. Pochi dati. Pochi strumenti. Ma tanta urgenza. Così si sono formate queste strategie decisionali rapide, capaci di salvare la vita.

Ma oggi non dobbiamo fuggire da predatori. Dobbiamo interpretare grafici, contratti, titoli di giornale, post sui social. E lì, le euristiche cognitive che un tempo funzionavano, oggi rischiano di portarci fuori strada.

Spesso, è la nostra stessa emotività a nutrire questi errori di giudizio.

Tipologie frequenti di bias cognitivi

Ce ne sono decine. Alcuni sono noti. Altri molto più sottili.

Il bias di conferma, ad esempio, ci spinge a cercare solo ciò che già conferma quello che pensiamo. È rassicurante. Ma pericoloso.

L’effetto ancoraggio? Influenza il nostro giudizio partendo da un’informazione iniziale, anche irrilevante. Succede nei negozi: il prezzo originale sbarrato e quello “scontato” ci sembrano un affare, anche se il prodotto non ne vale.

Il bias dell’autorità ci porta a fidarci di chi ha potere o status, anche se è incompetente. L’effetto alone ci fa giudicare una persona in base a una sola sua qualità (la bellezza, ad esempio). Il bias di disponibilità ci fa sopravvalutare ciò che ricordiamo facilmente. Quello dell’ottimismo ci illude che le cose andranno sempre bene. Spoiler: non sempre succede.

E poi c’è il più ironico di tutti: il bias del punto cieco. La convinzione che gli altri cadano nei bias… ma noi no.

Bias impliciti ed espliciti: la differenza che conta

Non tutti i bias sono uguali.

Ci sono bias cognitivi impliciti — silenziosi, invisibili, spesso innati o assorbiti culturalmente. Agiscono senza che ce ne rendiamo conto. Poi ci sono i bias espliciti: coscienti, dichiarati. Spesso legati a ideologie, pregiudizi sociali, convinzioni personali.

Riconoscere questa distinzione è essenziale, soprattutto nei contesti delicati: diversità di genere, razzismo sistemico, selezione del personale. I pregiudizi impliciti possono orientare le nostre azioni anche quando pensiamo di essere neutrali.

Applicazioni moderne e rischi digitali

Il concetto di bias cognitivo ha trovato oggi applicazioni ovunque. Nella psicologia del marketing, nella finanza comportamentale, nell’educazione al pensiero critico, nel design delle interfacce utente.

Anche l’intelligenza artificiale non è immune. I bias nei dataset possono generare discriminazioni algoritmiche, riproducendo su scala automatica gli errori umani. Un pericolo concreto. E non futuro: presente.

Sui social, il problema si amplifica. Feed personalizzati, contenuti polarizzanti, camere dell’eco. Una bolla cognitiva che alimenta bias su bias.

Come riconoscere e ridurre i bias cognitivi

Non si possono eliminare del tutto. Ma si possono allenare consapevolezza e disciplina mentale.

Come?

  • Fermarsi. Respirare. Aspettare. Il pensiero riflessivo richiede tempo.

  • Cercare voci opposte alle proprie. Ascoltarle davvero.

  • Usare checklist. Fare domande strutturate.

  • Mettere in dubbio le “prime impressioni”.

  • Saper dire: “Non so”.

Chi sviluppa consapevolezza metacognitiva — la capacità di osservare i propri processi mentali — diventa meno vulnerabile a questi automatismi inconsci.

Perché studiare i bias cognitivi è (quasi) indispensabile

Conoscere i bias cognitivi: cosa sono, origini ed evoluzione del termine, non è un lusso da accademici. È una necessità culturale, sociale, personale.

Nel mondo iperconnesso e iperinformato in cui viviamo, riconoscere le distorsioni percettive, i meccanismi inconsci, gli errori cognitivi è una forma di autodifesa. Ma anche un atto di responsabilità. Nei confronti di sé stessi, degli altri, della verità.

Non basta informarsi. Bisogna imparare a pensare bene. E pensare bene significa, prima di tutto, sapere come pensiamo male.

Fattori scatenanti e meccanismi mentali dei bias cognitivi

Immagine che rappresenta meccanismi mentali

Non sempre pensiamo in modo razionale. Anzi, spesso ci illudiamo di farlo. Le nostre decisioni, i giudizi che formuliamo, le scelte quotidiane: tutto è filtrato da processi mentali che non controlliamo davvero. Ed è proprio lì che entrano in gioco i bias cognitivi.

Queste distorsioni sistematiche della mente — perché di distorsioni si tratta, non di sviste momentanee — alterano la nostra percezione della realtà. Comprendere i fattori scatenanti e i meccanismi mentali dei bias cognitivi non è solo una curiosità accademica, è un’esigenza concreta per chiunque voglia migliorare la propria consapevolezza mentale.

Cosa significa essere soggetti a un bias cognitivo?

In termini semplici: prendere decisioni errate… convinti di essere lucidi. I bias cognitivi sono errori prevedibili, schemi mentali che ci fanno “saltare alla conclusione” senza elaborare tutte le informazioni disponibili. Il nostro cervello semplifica. Riduce. Sintetizza. E così, finisce per distorcere.

Spesso si parla di euristiche cognitive, cioè scorciatoie mentali. Funzionano bene — la maggior parte delle volte — ma diventano pericolose quando il contesto richiederebbe attenzione analitica. In questi casi, ciò che ci sembra intuitivo può essere completamente fuorviante.

Quali sono i fattori scatenanti principali?

Cominciamo con un dato di fatto: il cervello non ama l’incertezza. Preferisce una risposta rapida (anche sbagliata) piuttosto che rimanere in stallo. Questo bisogno di efficienza — evolutivamente vantaggioso — è uno dei primi fattori scatenanti dei bias cognitivi.

Ma non è l’unico. Quando siamo stanchi, sovraccarichi di informazioni, emotivamente coinvolti o sotto pressione, i nostri automatismi mentali prendono il sopravvento.

La mancanza di tempo accelera il pensiero, lo rende più impulsivo. L’ansia amplifica i dettagli negativi. La familiaritàci porta a fidarci troppo di ciò che conosciamo. La pressione del gruppo soffoca la nostra capacità critica. Tutti questi elementi sono fattori scatenanti documentati nei principali studi di psicologia cognitiva.

Eppure, il più subdolo resta forse l’eccesso di fiducia nelle proprie capacità. Quando crediamo di essere razionali per definizione, siamo più vulnerabili ai meccanismi mentali che ci ingannano.

Dentro il cervello: i meccanismi mentali dei bias cognitivi

Non ci rendiamo conto di quanto spesso il Sistema 1 del pensiero, per usare la celebre teoria di Daniel Kahneman, guidi le nostre scelte. È il sistema veloce, intuitivo, automatico. Funziona bene nelle emergenze, ma è impreciso nelle valutazioni complesse.

Il Sistema 2, invece, è riflessivo, logico, metodico. Ma è lento, costoso, richiede energia e concentrazione. E per questo viene attivato di rado.

È nel passaggio tra questi due sistemi — o meglio, nella mancanza di passaggio — che si innestano i meccanismi mentali dei bias cognitivi.

Quando qualcosa “ci sembra giusto”, il più delle volte non lo è affatto. È solo il nostro Sistema 1 che ha associato un ricordo emotivo, una scorciatoia logica, o una sensazione piacevole a una conclusione apparentemente ovvia.

Le euristiche come micce mentali

Le euristiche cognitive sono utili, sì. Ma ingannevoli. Servono a semplificare la realtà, ma la semplificazione comporta un rischio: quello della distorsione. La più famosa? Euristica della disponibilità. Quando giudichiamo un evento probabile solo perché ne abbiamo un ricordo vivido.

Oppure l’euristica dell’ancoraggio: un valore iniziale (spesso irrilevante) condiziona tutto il nostro ragionamento. Ne siamo influenzati anche se non ci fidiamo di quel valore. È la mente che, inconsciamente, costruisce un “campo magnetico cognitivo” attorno a quell’informazione.

E poi c’è l’euristica della rappresentatività, che ci porta a giudicare in base a stereotipi. Se una persona “ha l’aspetto di un esperto”, ci fidiamo. Se “assomiglia a un truffatore”, la evitiamo. Tutto sulla base di dati percettivi, non razionali.

Altri meccanismi poco noti (ma molto attivi)

La memoria selettiva, ad esempio, è un terreno fertile per i bias cognitivi. Ricordiamo solo ciò che conferma le nostre convinzioni. Rimuoviamo — letteralmente — ciò che ci metterebbe in discussione.

C’è poi il fenomeno del priming cognitivo, che orienta il nostro comportamento sulla base di stimoli precedenti anche impercettibili. Basta vedere una parola, un colore, un volto. E il nostro cervello cambia marcia senza che ce ne accorgiamo.

Infine, non possiamo ignorare il bisogno di chiusura cognitiva. Odiare l’ambiguità è umano. Ma volerla eliminare troppo in fretta genera errori. Il bisogno di risposte rapide è uno dei fattori scatenanti più diffusi nella società contemporanea.

Cosa succede quando tutti sono influenzati?

Succede che si crea un’illusione collettiva. Le camere dell’eco nei social network, ad esempio, amplificano i bias di conferma, rendendoli invisibili. In questi contesti, i bias cognitivi non sono individuali: diventano strutture sociali condivise. Il gruppo conferma, il gruppo protegge, il gruppo ignora le contraddizioni.

Anche l’intelligenza artificiale, paradossalmente, può ereditare questi errori. Quando un algoritmo viene allenato su dati umani — e gli umani hanno bias inconsci — allora anche la macchina ne sarà contaminata.

Principali tipi di bias cognitivi e ambiti in cui si manifestano

A volte pensiamo di essere logici. Altre, ci convinciamo di avere ragione — sempre. Ma la verità è che, nel quotidiano, prendiamo decisioni e formuliamo giudizi attraverso lenti distorte, spesso senza nemmeno accorgercene. E sono proprio queste lenti, questi automatismi inconsapevoli, che chiamiamo bias cognitivi.

Non si tratta di semplici errori di ragionamento. Piuttosto, sono schemi mentali radicati che guidano (o meglio: deviano) il nostro pensiero, specialmente quando agiamo sotto pressione, con poche informazioni, o spinti da emozioni forti.

Capire quali sono i principali tipi di bias cognitivi e gli ambiti in cui si manifestano non è solo un esercizio accademico. È una mappa — mentale, comportamentale, sociale — che può migliorarci concretamente la vita.

Cosa c’è dietro un bias cognitivo?

Dietro c’è il cervello, ovvio. Ma più precisamente, ci sono scorciatoie cognitive che si sono sviluppate con l’evoluzione. Il nostro sistema nervoso, per risparmiare energia (e salvarci la pelle nei secoli passati), ha creato meccanismi di risposta rapida. Oggi, però, non viviamo più nella savana — viviamo immersi in dati, scelte, pressioni sociali. E quegli stessi meccanismi ci giocano contro.

I bias cognitivi sono proprio questo: risposte rapide, a volte troppo rapide. Ci sembrano razionali, ma non lo sono. Sono utili? Sì, in certi contesti. Ma sono anche pericolosi quando non li riconosciamo per quello che sono: distorsioni sistematiche.

I bias più comuni (e più sottovalutati)

Esistono più di 180 tipi di bias cognitivi documentati. Non possiamo elencarli tutti, ma possiamo analizzare quelli che ci influenzano più spesso — quelli che si insinuano nella mente, ogni giorno, anche quando crediamo di “pensare con la testa”.

Bias di conferma

Il classico. Vogliamo avere ragione. E allora cerchiamo (attivamente) solo ciò che conferma le nostre idee. Le fonti contrarie? Inaffidabili. I fatti contrari? “Non valgono”.

Effetto ancoraggio

La prima informazione che riceviamo diventa un riferimento fisso. Anche se irrilevante. È l’ancora — e noi, attorno a quell’ancora, costruiamo tutto il resto.

Bias della disponibilità

Più qualcosa è facile da ricordare, più ci sembra probabile. Se sentiamo parlare spesso di incidenti aerei, ci sembrerà che volare sia pericoloso. Anche se le statistiche dicono il contrario.

Effetto alone

Una bella persona è anche brava? Se ci viene da rispondere sì, siamo vittime di questo bias. Un solo tratto positivo — e giudichiamo tutto il resto in modo coerente. Anche se coerente non è.

Bias dell’ottimismo

Succede spesso: crediamo che a noi andrà meglio. Perché? Perché lo vogliamo. Ma il desiderio non è una strategia.

Bias del punto cieco

Sappiamo che i bias esistono. Ma pensiamo che colpiscano gli altri, non noi. E invece sono proprio lì. Invisibili. Dentro le nostre scelte, i nostri giudizi, le nostre opinioni.

E dove si manifestano questi bias?

In una parola? Ovunque. I tipi di bias cognitivi e gli ambiti in cui si manifestano sono innumerevoli. Alcuni evidenti. Altri molto più sottili.

Vita privata e relazioni

Pensiamo di conoscere le persone. Di capirle. Ma spesso, vediamo solo quello che vogliamo vedere. Il bias di confermaè forte anche nei rapporti affettivi. Così come l’effetto alone, che ci fa idealizzare chi amiamo.

Lavoro e selezione del personale

Un curriculum perfetto? Magari sì, magari no. Ma il pregiudizio implicito entra in gioco più spesso di quanto pensiamo. Nome, età, accento, aspetto — tutto può influenzare il giudizio. E non sempre in modo giusto.

Marketing e pubblicità

Il settore della persuasione vive di bias. Il bias della scarsità (“offerta limitata!”), il bias di autorità (“lo dice un esperto!”), il bias della riprova sociale (“milioni di persone lo usano!”): sono tecniche codificate. Che funzionano perché il cervello è programmato per rispondere.

Finanza e investimenti

Qui, i bias decisionali esplodono. L’avversione alla perdita ci fa tenere titoli che dovremmo vendere. L’effetto Dunning-Kruger ci fa credere esperti anche se non lo siamo. L’overconfidence ci porta a scommettere, più che investire.

Politica e opinione pubblica

Viviamo in bolle informative. Il bias di gruppo rinforza le divisioni. Il framing effect cambia la nostra opinione solo cambiando le parole con cui un fatto viene presentato.

Tecnologia e AI

Anche gli algoritmi ereditano i nostri errori. I bias algoritmici sono figli di dati “sporcati” da distorsioni umane. Se un sistema apprende da decisioni sbagliate, replicherà quei pregiudizi invisibili.

Ma possiamo difenderci?

Sì. Non completamente, ma in parte. Il primo passo è sapere che esistono. Il secondo è osservarci con attenzione.

Alcuni strumenti utili:

  • Fare una pausa prima di decidere (il cervello riflessivo ha bisogno di tempo).

  • Chiedersi: “Cosa sto dando per scontato?”.

  • Esporsi volontariamente a opinioni opposte (anche se danno fastidio).

  • Usare checklist cognitive per valutare in modo più oggettivo.

  • Accettare che sbagliare è umano, ma ripetersi è una scelta.

Perché studiare i bias oggi è fondamentale

Viviamo in un’epoca dominata dai dati, dalla velocità, dall’incertezza. E anche dalla disinformazione. In questo scenario, riconoscere i tipi di bias cognitivi e gli ambiti in cui si manifestano ci dà un enorme vantaggio.

Non solo per evitare errori. Ma per diventare più liberi nelle nostre scelte. Più consapevoli nelle nostre relazioni. Più lucidi quando siamo esposti alla manipolazione.

Il pensiero critico non è una materia scolastica. È un’abitudine, una forma di autodifesa, un atto di responsabilità.

Bias cognitivi oggi: sintesi, impatti e strategie per riconoscerli

Un libro che rappresenta la sintesi dei bias cognitivi

Ci piace pensare di essere razionali. Di soppesare pro e contro, di prendere decisioni lucide. Ma la verità è un’altra: gran parte dei pensieri che formuliamo ogni giorno sono frutto di automatismi cognitivi, risposte rapide e inconsce che ci aiutano a semplificare la realtà. A volte ci salvano. Più spesso, ci ingannano.

Oggi più che mai, comprendere i bias cognitivi, individuarli sul nascere e riconoscerne gli effetti, è fondamentale. Questo vale in ambito personale, certo, ma ancor più nel contesto sociale, professionale e digitale.

Parliamo quindi di bias cognitivi oggi: sintesi, impatti e strategie per riconoscerli. Non come argomento da manuale, ma come fenomeno concreto che ci riguarda. Quotidianamente.

Che cosa sono i bias cognitivi (e perché ci fregano così spesso)

I bias cognitivi non sono “errori” nel senso classico del termine. Sono distorsioni sistematiche del pensiero, veri e propri modelli di elaborazione mentale che — in modo prevedibile — ci portano a giudizi distorti, scelte non ottimali, interpretazioni sbilanciate.

Funzionano come euristiche mentali, ovvero scorciatoie che il cervello usa per reagire in fretta. E finché si tratta di scegliere se attraversare la strada o no, ben vengano. Il problema è che queste scorciatoie entrano in gioco anche quando dovremmo fermarci a ragionare: un acquisto, un voto, una diagnosi, una relazione.

E allora sì, diventano pericolose.

Perché oggi i bias sono più attivi che mai

Cosa rende i bias cognitivi contemporanei così pervasivi? Tre fattori principali:

  1. Quantità di informazioni. Troppe, tutte insieme. Il cervello va in tilt e semplifica. Spesso male.

  2. Velocità. Viviamo di risposte rapide. Un like, una reazione, una scelta. I bias cognitivi prosperano nella fretta.

  3. Algoritmi. I social media rafforzano le nostre convinzioni. Ci fanno vedere ciò che vogliamo vedere. E ignorare tutto il resto.

In questo contesto — iperconnesso, iperemotivo, ipersegmentato — i bias mentali diventano strutture di pensiero dominanti.

Sintesi dei bias cognitivi che agiscono oggi

Facciamo ordine. Una sintesi dei bias cognitivi più rilevanti oggi può aiutarci a individuarli mentre agiscono, nel flusso della vita quotidiana.

Bias di conferma

Ci piace avere ragione. Così selezioniamo inconsciamente solo ciò che supporta le nostre idee. Il resto? Lo ignoriamo o lo sminuiamo.

Effetto framing

Stessa informazione, ma presentata in modo diverso. E il giudizio cambia. Non i fatti — il contesto. Siamo più vulnerabili di quanto pensiamo.

Dunning-Kruger

Poca competenza = molta sicurezza. Un paradosso. Ma chi conosce poco, non ha gli strumenti per capire quanto non sa.

Disponibilità

Più è facile ricordare qualcosa (perché recente o emotivamente forte), più ci sembra frequente o probabile.

Effetto alone

Un solo tratto positivo (come la bellezza) colora il nostro giudizio complessivo. Lo facciamo con le persone, ma anche con i brand.

Avversione alla perdita

Temiamo più di perdere qualcosa che di guadagnarla. Per questo, a volte restiamo fermi — anche quando dovremmo cambiare strada.

Impatto reale dei bias nella vita moderna

Parlare di “errori di giudizio” suona astratto. Ma i bias cognitivi oggi hanno effetti tangibili — misurabili — sulla nostra vita. Vediamo dove.

Nel lavoro

Un recruiter valuta in pochi secondi. Un manager premia chi comunica meglio, non chi lavora meglio. Un team ignora un’idea solo perché arriva da “quello junior”. Tutto questo è bias.

Nella finanza personale

Comprare in preda all’entusiasmo. Vendere per paura. Tenere un investimento in perdita solo perché non vogliamo “accettare” l’errore. Tutti pattern legati a automatismi mentali molto noti.

Nei social media

Interagiamo con chi la pensa come noi. Blocchiamo il resto. E senza accorgercene, il nostro mondo diventa sempre più piccolo. Più polarizzato. Più distorto.

Nella vita privata

Sottovalutiamo i segnali d’allarme. Idealizziamo certe persone. Sbagliamo valutazioni nei momenti di rabbia o ansia. Anche qui: bias emotivi, non razionali.

Strategie per riconoscerli (e ridurne l’effetto)

Non possiamo spegnerli. Ma possiamo ridurne l’impatto. Ecco alcune strategie concrete, accessibili — e sì, funzionali.

Pausa > risposta

Imparare a fermarsi. Prendere tempo. Anche solo 5 secondi. Serve a passare dal Sistema 1 (veloce, intuitivo) al Sistema 2(lento, analitico).

Checklist cognitiva

Usare domande chiave prima di decidere: sto ragionando o reagendo? Cosa mi manca? Sto ignorando qualcosa?

Esposizione contraria

Leggere chi non la pensa come noi. È difficile, ma è l’unico modo per ridurre davvero il bias di conferma.

Confronto esterno

Chiedere un parere. Magari da qualcuno distante dal nostro mondo. Spesso, vede cose che noi ignoriamo.

Consapevolezza metacognitiva

Osservare come pensiamo. Chiedersi “perché ho reagito così?”. Non è introspezione spirituale — è igiene mentale.

Bias e intelligenza artificiale: una frontiera sottile

L’intelligenza artificiale può replicare (e amplificare) i nostri stessi errori. Se i dati sono distorti, anche le decisioni dell’algoritmo lo saranno. È il problema dei bias algoritmici.

Sistemi di selezione automatica, suggerimenti di contenuti, scoring comportamentale: tutti possono contenere pregiudizi appresi. Ecco perché, oggi, serve una alfabetizzazione cognitiva non solo umana… ma anche digitale.

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